mercoledì 30 dicembre 2015

Il 2015, l'anno in cui sono diventata grande

Nelle ultime due ore ho scritto quello che voleva essere un post di fine anno, che per riuscire a scriverlo ho messo sotto forma di lettera a mio padre. Un intero foglio che cancellerò, perché ci sono parole che non riesco a rendere pubbliche, e soprattutto perché penso che davvero lui mi guarda da lassù e mi ascolta quando gli parlo anche solo col pensiero - continuamente -, quindi chi deve sapere già sa. Mi è servito a sfogarmi un po', quindi proprio inutile non è stato. 
Molti potrebbero pensare che io non veda l'ora di lasciarmi alle spalle il 2015, invece io tutta questa smania non ce l'ho. Io non metto via nulla, né niente, cose o persone, a meno che non mi abbiano fatto male, ma male davvero. Non voglio rimuovere o dimenticare nemmeno un istante di quelle nove settimane di atroce sofferenza; di mio padre io non voglio perdere nulla; ricordare il suo calvario mi toglie ancora oggi il respiro, ma è anche un modo per onorare la sua vita e la sua essenza. E' difficile dire addio al 2015 perché per i primi cinque mesi babbo c'è stato e con lui la vita come l'avevo conosciuta fino a quel momento; mentre il 2016 sarà il primo anno senza, o, come ho letto, "dopo" di lui. 
Come fare, quindi, un bilancio dell'anno in cui hai visto tuo padre soffrire, non vivere e poi morire? Come descriverlo con aggettivi? Sarebbe, per lo meno lo è per me, impossibile, e anche ingiusto per quello che di buono c'è stato, per quello - tanto - che ho imparato. Che sono una donna forte, che non molla, non si arrende, che è capace di ricominciare. Che ha conosciuto l'impotenza e il "non c'è niente da fare", ma che ha provato a fare tutto il possibile. Che guida da sola la macchina, seppur con quindici anni di ritardo (il mio più grande rimpianto babbo...). Che a volte si sente spezzata e altre che sente di portare con sé due cuori. Che ha accanto una grande donna come madre, una nonna che Dio ce la conservi così per altri - almeno - dieci anni, familiari sparsi per la Penisola che sono una fortuna, amiche e amici che sono diamanti e che non hanno mai - mai - messo in discussione l'onesta del suo cuore. 

Il 2015 è, è stato e sarà per sempre l'anno in cui è morto mio padre, l'anno in cui sono diventata grande. 
Comincia pure, 2016. 

martedì 1 dicembre 2015

Donne con la valigia. Fermata: Parma.


Prosciutto e parmigiano come se piovesse. La pioggia che sabato non ci ha risparmiato. Gocce di decine di profumi che abbiamo annusato, indovinato, acquistato, scambiato. La sciabolata artica annunciata ma per fortuna non pervenuta. La paura di De e Gra di perdere le coincidenze e la Queen che l'ha persa per davvero. Tigelle deludenti, tranci di pizza succulenti e panini che non arrivavano mai al bar della stazione. Mangrovie sulla strada per l'hotel. Una hall quattro stelle come la voce del receptionist, che al solo pensarci...ehm... Plumcake alla menta, stelle con lo zucchero filato, cappuccini, caffé macchiati e schiumati per le nostre colazioni lente e piene di parole. Il cameriere alto biondo e sposato, il più giovane moro dagli occhi di chi ne saprà o ne sa già. Arrivi imprevisti, traslochi e tisane "rubate" del sabato sera. La Feltrinelli, La cucina del maestro e un pranzo da allarme OMS e sindacato nutrizionisti e dietologi. Giuseppe Verdi, coppa, calici di vino e cioccolato. Il Duomo il sabato pomeriggio raggiunto come un miraggio, i video in moviola, luci intermittenti a nascondere un meraviglioso soffitto, un crocifisso su cui si poteva lavorare meglio e cinque donne a rischio blasfemia. I saponi, i colori e le magie da Lush. La sciarpa a due colori e i calzettoni eletti all'unanimità acquisto del decennio. Victoria's secret mi spiccia casa, garage e giardino. Spritz che fanno ubriacare, tigelle e padelle. Il cerchietto con le corna della commessa di H&M, selfies, Sephora e creme anti-age, ché è giunta l'ora per tutte. Ombrelli, anelli, saponi e confidenze femminili inaspettate e logorroiche. Piazze mai raggiunte, un autista che ha fatto finta di non vederci e un altro che ha rischiato che il mio IPad gli finisse in faccia. Prostitute che "ne abbiamo già troppe ognuna a casa sua". Donzelle e idee vincenti da trovare. Aneddoti, storie, magie e dolori da condividere. Una chaise longue in balcone che aspetta tempi migliori. Una piscina che chissà dove sarà. Un trolley giallo che sorride e uno che si rompe di fronte alla stazione. 
Un pezzo è rimasto lì, come un po' del nostro tempo migliore. 
Alla prossima.