lunedì 19 ottobre 2015

17 e 19

Continuo a scrivere di babbo e del nostro personale terremoto perché ho il bisogno di fermarli i fatti e le parole di questi cinque mesi, in modo che non si perdano nell'inevitabile e inarrestabile andare avanti della vita. Il 17 e il 19 maggio sono giorni che non ricordo facilmente, perché mi rimandano l'immagine di una me superficiale, inconsapevole e che ha dato suo padre per scontato. Il 17 era domenica, mi ero svegliata e non stavo granché bene di stomaco, poi alle 11 avevo ricevuto la telefonata di un amico che mi invitava a pranzo al quale ho risposto sì senza esitare. Babbo mi ha accompagnato e mi è venuto a prendere nel tardo pomeriggio perché avevo appuntamento con mia cugina e il compagno che erano venuti a trascorrere qui al mare la loro settimana di ferie, ed eravamo già d'accordo per andare a cena insieme. Nell'arco di quelle ventiquattr'ore che precedevano il suo ricovero, non ho mai pensato a dare a lui la priorità, tanto sarebbe tornato a casa subito, erano solo degli esami quelli che doveva fare...in macchina gli ho raccontato il menù di quel pranzo dove avevamo mangiato come se non ci fosse un domani. Amava tantissimo il pesce, è stato una parte importante della sua vita sotto tutti i punti di vista...lavorativo, familiare, umano...e mi aveva ascoltato col sorriso pregustando quelle prelibatezze. A lui non era importato che io non fossi rimasta a casa, quel che contava era che fossi felice con i miei amici, e mi lasciava libera di esserlo. Non solo, mi aveva accompagnato, come - quasi - sempre, senza battere ciglio. Non ricordo se al ritorno dalla cena l'ho trovato ancora alzato, né se mi ha salutato dal ciglio della porta della mia camera, prima di salire le scale per andare nella sua, come faceva sempre, chiudendo la porta per non far arrivare il rumore della televisione.
Quel giorno è stato l'ultimo che ho parlato con mio padre guardandolo negli occhi, e l'ultimo giorno che l'ho visto in piedi, ma non me lo ricordo.
Il 19, invece, era martedì, un martedì che non potrò dimenticare anche perché è caduta l'amministrazione comunale della mia città, fatto mi ha coinvolto in prima persona perché, seppur da casa, ero continuamente in contatto con i miei amici politici che mi informavano dell'evolversi degli eventi. Era anche il giorno dell'esame più importante per babbo, l'ago aspirato. Mamma mi aveva chiamato mentre erano sulla strada del ritorno, lui era sveglio ma non abbiamo parlato, era tranquillo e l'ho aggiornato tramite lei di quello che stava accadendo qui. Poche ore dopo abbiamo avuto la conferma che il giorno successivo sarebbe stato dimesso perché non c'era bisogno di fare la broncoscopia, una bella notizia, che mi aveva fatto pensare, rasserenandomi, che la situazione non doveva essere poi così grave. Il pomeriggio ho finito di scrivere gli articoli per il settimanale a un'ora decente e sono andata in Comune a trovare il sindaco intento a fare gli scatoloni, l'addio al Palazzo era stato sancito ed era ora di sbaraccare dopo meno di un anno. 
Il giorno dopo, la nostra vita è cambiata per sempre.

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